Il tema dell’abuso e del maltrattamento all’infanzia è un’emergenza di carattere mondiale. I dati raccolti nella Seconda Indagine Nazionale sul Maltrattamento dei Bambini e degli Adolescenti in Italia realizzata da Terre des Hommes e CISMAI (2021) ci dicono che sono 401.766 i bambini e ragazzi presi in carico dai servizi sociali in Italia, 77.493 dei quali sono vittime di maltrattamento. La fotografia del Paese ci rivela che i minorenni in carico per maltrattamento sono più numerosi al centro e al Sud (si contano rispettivamente 226 e 192 bambini e ragazzi maltrattati ogni 1000 minorenni, contro i 186 casi al Nord).
In questo scenario appare dunque necessario adeguare le strategie a livello delle politiche e dei sistemi territoriali di intervento, che presentano elementi di ritardo e fragilità su diversi fronti. Di fatto ancora si fa fatica a riconoscere pienamente il minorenne come persona e ad acquisire piena consapevolezza dell’impatto traumatico dell’esposizione ad eventi sfavorevoli infantili e a contesti familiari poco sensibili ai bisogni dei minorenni. È noto che la violenza contro i minorenni produce effetti di lungo periodo che possono segnare la vita e il destino delle vittime. Inoltre vengono ancora sottovalutate le conseguenze dei traumi infantili non curati che mettono le vittime a rischio di sviluppare importanti psicopatologie in età adulta con imponenti costi sanitari, sociali ed economici.
C’è poi il tema ancora più specifico della particolarità degli eventi e dei fattori traumatici a cui sono esposti i minori stranieri non accompagnati, anche in riferimento alle famiglie che vivono nel Paese di origine. Arrivano in Italia da minorenni con un peso esperienziale importate: vittime di violenza durante il viaggio, esposti ad esperienze potenzialmente traumatiche, comprese quella di avere avuto familiari o amici uccisi, violati o torturati, e di avere assistito ad atti di crudeltà. L’avventura migratoria non si conclude con l’ingresso nel paese d’arrivo ma si prolunga ancora, per l’appunto nella “fase” dell’accoglienza, in cui il migrante permane nelle strutture preposte ed attende gli esiti della definizione del suo status. La lunga permanenza nel sistema rischia di esporre il minorenne a ri-traumatizzazioni o traumatizzazioni secondarie con effetti cumulativi e potenziali esiti psicopatologici. Se le condizioni dell’accoglienza possono contribuire a produrre tali effetti, la fase dell’accoglienza rappresenta però anche il momento privilegiato per intercettare e riconoscere precocemente gli effetti del trauma e intervenire a sostegno delle capacità di rielaborazione del minorenne e quindi dell’esito del suo percorso di sviluppo e autonomia.
A fronte di episodi di abuso e maltrattamento nei confronti di minori, l’intervento che il sistema è chiamato ad offrire è sempre multiattore e multiagenzia perché un minore esposto a traumi è necessariamente il destinatario di interventi su più fronti e deve aver accesso ad una varietà di servizi di assistenza e consulenza. Ciò richiede la costruzione di una rete di lavoro che, ispirandosi ai principi posti dalla direttiva europea sulle vittime di reato e recependo le indicazioni di lavoro sui minorenni vittime di trauma (informed trauma approach) coniughi la rapidità dei processi di presa in carico con elevati standard specialistici necessari in considerazione della traumaticità degli eventi che li hanno coinvolti, dei tempi complessi dell’azione giudiziaria ordinaria, delle necessità poste dalle esigenze di tutela del minore che richiedono una costante interazione con la magistratura minorile.
Nasce dunque dall’esigenza di rafforzare il sistema di prevenzione e contrasto della violenza nei confronti dei minori stranieri, il progetto “TU. M.I. V.eDI.! – Tutela Minori Immigrati da Violenza E Disagio” con la Fondazione Nazionale degli Assistenti Sociali (FNAS) (capofila), in partenariato con Consorzio Solidalia scs onlus, Dipartimento Psicologia Università La Sapienza, Cooperativa OASI.
In tale progetto la figura dell’assistente sociale diventa, di fatto, il punto di incontro tra un livello nazionale, rappresentato dal CNOAS e i diversi localismi, coordinati dai rispettivi Consigli regionali dell’Ordine. Nello specifico, infatti, l’intenzione è quella di creare una rete di referenti territoriali che operano a favore degli Ambiti locali e delle Regioni attivando in ogni area provinciale delle figure di riferimento con funzione di help-desk informativo, di orientamento e di formazione per i loro colleghi in modo da orientare, indirizzare e uniformare, sui rispettivi territori, strategie e prassi operative multiagency e multilivello nell’individuazione e nel contrasto della violenza sui minori stranieri.
Per il progetto l’IPRS si occuperà di rafforzare le competenze dei referenti territoriali sul tema della violenza e del trauma, con specifici approfondimenti sui minori stranieri, sugli strumenti teorici e operativi utili a riconoscere il trauma e a gestirlo e a migliorare la capacità di prevenire e contrastare la violenza nei confronti dei minori stranieri. Verranno inoltre sperimentati modelli operativi volti a potenziare la capacità degli assistenti sociali di attivare una maggiore integrazione tra le molteplici componenti del sistema preposto al contrasto e alla prevenzione della violenza sui minori e di migliorare, attraverso comuni prassi di lavoro e nuovi strumenti, la presa in carico dei minori.
Infine il modello sperimentato verrà messo a sistema al dine si rendere anche negli altri territori, l’intervento sperimentato in modo da potenziare la capacità del progetto di attivare una comunità di pratiche.