CROSS LEARNING
In ambito sanitario l’Italia ha affrontato con una certa lungimiranza il rapporto con la popolazione migrante: dal 1995 sono state scelte politiche sanitarie inclusive in un’ottica allargata di tutela della salute che ha avuto l’espressione più alta nella normativa in vigore emanata con la legge 286 del 1998 (art.34 e 35).
L’approccio universalistico alla salute ha avuto un forte impatto sui servizi territoriali, obbligando un innalzamento delle competenze per far fronte ai fabbisogni sanitari della nuova popolazione non solo in termini comunicativi (di cui il bisogno di mediazione linguistico-culturale è stata la più evidente espressione) ma anche spingendo allo sviluppo di un approccio transculturale all’interpretazione della malattia e della cura.
L’arrivo poi, negli ultimi anni, di migliaia di persone etichettate “migranti forzati” ha aperto una nuova sfida per il sistema sanitario, contrassegnata dall’impatto di una forte domanda di assistenza psicosociale: miseria, guerre, persecuzioni, poi viaggi caratterizzati da violenza, torture, l’accoglienza caratterizzata da grande incertezza, in strutture dove si rischia di scivolare in una condizione di completa anomia, e ora anche in un clima sociale fortemente ostile, pone queste persone in condizioni psicologiche difficili e sollecita quindi l’attenzione da parte dei presidi di tutela e promozione della salute psichica territoriale.
Sarebbe stata doverosa una grande mobilitazione di risorse dei servizi territoriali, consapevoli sia della necessità di dover agire in sinergia con i vari attori territoriali (le strutture di accoglienza, le questure, il terzo settore), sia di una responsabilità alta nel garantire tutela e promozione della salute psichica.
Per quanto il Ministero della Salute nel 2017 abbia redatto specifiche linee guida per la programmazione degli interventi di assistenza e riabilitazione, nonché per il trattamento dei disturbi psichici dei titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale, il sistema sanitario nazionale risponde ancora con grande affanno: denuncia l’assenza di risorse e di personale, evidenzia la difficoltà di lavoro su persone con bisogni psicologici e background culturali così diversi dalla normale utenza dei servizi, solleva i problemi posti dalle barriere linguistiche.
Infatti, le politiche sanitarie fanno registrare un grande ritardo nelle risposte ad una domanda multiproblematica e multifattoriale che pone l’utenza straniera.
Nel 2000, il CNEL, presentava un documento: “Servizi da ri-orientare” primo tentativo istituzionale di indicare percorsi che potessero adeguare l’offerta dei servizi sanitari alla “nuova utenza” immigrata.
Il documento concludeva con l’auspicio di realizzare un’organizzazione sanitaria più attenta alle diversità delle condizioni sociali e sanitarie e dei bisogni che ne conseguono, perché ciò garantisce un livello di assistenza migliore e, quindi, una concreta promozione della salute per tutti.
Oggi, tuttavia, ancora emerge nelle politiche sanitarie, ancorché a livello locale, e segnatamente dei contesti complessi quali quelli su cui insiste il progetto, un grave ritardo nel rispondere alla domanda di salute che pone una utenza altamente eterogenea come quella immigrata rappresentata sempre di più, al suo interno, da segmenti particolarmente fragili e vulnerabili come i titolari di protezione internazionale: soggetti che sono spesso collocati presso strutture di accoglienza, le quali occupano in ragione del loro mandato, un ruolo determinante nella rilevazione delle esigenze di salute di tale target.
Tale ritardo è stato intensificato anche dall’incremento delle richieste di presa in carico sanitaria in tali territori.
In Campania (Salerno e Napoli) si registra un incremento di accessi dell’utenza nei consultori, nei servizi di salute mentale e negli SPDC con aumenti del flusso che superano il 10%.
A Napoli si registra in tal senso una crescita di circa il 20% e si censisce, nel corso dell’ultimo anno, un numero significativo di ricoveri, che sono stati in particolare 499.
In tal senso, è evidente come il sistema sanitario sia chiamato sempre più a potenziare la propria capacità di approntare risposte adeguate e ciò comporta un ripensamento delle competenze operative ma anche la ridefinizione, proprio a partire dai reali bisogni di salute dell’utenza immigrata, di modelli/strategie di collaborazione con le strutture di accoglienza e gli attori del territorio, che trovino una precisa collocazione nei processi di pianificazione aziendale.
Gli aspetti caratterizzanti dell’intervento devono essere:
- riconoscere, valorizzare e potenziare le energie e le competenze di chi ha in carico il tema della cura sanitaria; promuovere e rafforzare le reti esistenti;
- promuovere un’estensione della rete (coinvolgendo prefetture questure e terzo settore, rendere più competenti i servizi.
OBIETTIVI
Obiettivo generale della presente progetto è quello di garantire il diritto alla salute dei migranti, secondo quanto previsto dalla normativa vigente e secondo quanto previsto dalla universalità del Sistema Sanitario Nazionale, dotando la Aziende Sanitarie del territorio degli strumenti teorici, tecnici ed organizzativi per rispondere alle mutevoli esigenze e alla eterogeneità dell’utenza migrante, per poterne accogliere i bisogni e porre in atto tutte le misure necessarie per assicurarne la piena inclusione sanitaria.
Gli obiettivi specifici dell’intervento riguardano:
- Effettuazione di un’analisi ragionata dei bisogni di salute della popolazione migrante coinvolgendo in una rete consolidata gli stakeholder territoriali;
- Individuare i bisogni formativi, in termini di prassi e strumenti, del personale degli ambiti sanitari e socio-sanitari;
- Attivare percorsi formativi per gli operatori dei servizi che compongono la rete degli attori coinvolti nella presa in carico delle esigenze di cura;
- Rafforzare le competenze in senso culturale degli operatori dei servizi sanitari e socio-sanitari territoriali;
- Favorire processi di condivisione di saperi, di linguaggi, di metodologie di lavoro, ovvero esperienze di mutual learning, che esitino in conoscenze condivise e pratiche innovative di intervento tra territori/servizi diversi;
- Favorire il confronto tra figure apicali degli ambiti sanitari e socio-sanitari per la costruzione di Piani di Salute Migranti sempre più adeguati e coerenti con le domande complesse di cura poste da tale target.
RISULTATI ATTESI
Per ciò che riguarda i risultati è necessario considerare che tutte le azioni che saranno realizzate nell’ambito delle linee di progetto comportano:
- la ridefinizione delle pratiche operative;
- la definizione di nuovi strumenti di lavoro;
- la definizione di nuove strategie aziendali cui orientare gli interventi che riguardano la presa in carico delle esigenze di salute poste dall’utenza immigrata.
I risultati attesi, pertanto, riguarderanno i seguenti ambiti:
- Messa a regime di modalità di lavoro integrato relativamente all’asse della presa in carico sanitaria della popolazione migrante, ovvero di alcuni segmenti all’interno di essa quali i titolari protezione internazionale attraverso la condivisione di prassi di intervento efficaci;
- Consolidamento della rete territoriale di intervento: formalizzazione di procedure di intervento e protocolli di collaborazione;
- Diffusione sui territori della consapevolezza sull’importanza di adottare modelli di lavoro integrato e descrizione delle politiche e prassi attivate anche ai fini della replicabilità in altri contesti a partire da quelli limitrofi (più contigui nelle esperienze con l’utenza di origine immigrata) ad altri contesti del territorio nazionale.